“Canto d’autunno” polimaterico su tavola, di Marcello Silvestri © 2017
Opera originale e testo esplicativo di Marcello Silvestri © 2017
Questa poesia, scritta con i colori dell’autunno e costruita con legno traforato, legno tornito, e avanzi di recupero dai cassoni dell’immondizia, ci racconta di quella stagione, l’autunno, che ci porta dentro alle dimensioni, quasi tristi e nostalgiche, dei ripensamenti e delle riflessioni.
Il vento d’autunno strappa le foglie dagli alberi e le lascia in balia del loro destino. Sbriciolate diverranno letame e fango.
Questa visione immaginifica del vento che strappa e trasporta chissà dove le foglie, è presa da Isaia per dare una identificazione all’essere umano. “Siamo diventati tutti come una cosa impura e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia: tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento”.
Le foglie, trasportate dal vento, sbriciolate, calpestate, bagnate dalle piogge, divengono letame e fango.
Questa lordura ripugnante, il profeta ce la indica come libidine di Dio a tal punto che L’Eterno la sceglie per impastare l’uomo: (Gen2,7) per questo il seguito di Isaia: “Ma tu Signore sei nostro padre noi siamo argilla e tu colui che ci plasma (Isaia 64,5-7).